2015
Quest'anno, per la consueta esposizione temporanea,
sono presentate tre opere
che descrivono il percorso ideale e storico
che, dall'antica città-stato greca (polis),
ha portato alla realizzazione
delle grandi metropoli del nostro tempo.
La prima tela rappresenta proprio il senso profondo, il fondamento della città moderna, principale luogo di aggregazione e relazione tra gli uomini.
Un pesce, simbolo della fecondità e delle energie vitalistiche interiori, è messo in primo piano per indicare la continuità della vita. In secondo piano, accanto ai palazzi ornati del passato, le ciminiere delle fabbriche e le prime casa-alveari per i lavoratori, suggeriscono il passaggio alla nuova realtà industriale del XIX e XX secolo.
L'equilibrio cromatico perfetto e la geniale sistemazione delle antiche pietre scolpite, rendono semplice un messaggio in realtà complesso: uomini e cose si sostengono a vicenda nel susseguirsi operoso della generazioni.
L'alito dell'uomo e il fumo delle ciminiere contendono al vento il possesso dell'atmosfera. Forse l'aria non è più limpida, ma il mondo brulica di vita e di forme nuove. Il “paesaggio umano” si espande nel mondo.
La realtà profonda di quest'opera è, forse, un guizzo di ottimismo, di orgoglioso plauso alla capacità e all'intraprendenza dell'uomo.
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Nella seconda tela lo sguardo dell'artista indugia, con crudo realismo, sulla periferia della città divenuta, in breve, luogo di echi e voci stonate.
Lontano dal centro, dalla bellezza e dai fasti della memoria, chi vive qui è costretto ad essere uomo nell'urgenza dissennata di un crudele tran-tran.
E l'artista Regianini scatena i suoi mostri per denunciare lo scempio dei valori e degli ideali.
Dal cilindro di un gentiluomo, sorge l'avidità pura.
L'industria, nata per portare comodità e benessere a tutti, diventa schiava del profitto esagerato e, servilmente, si inchina a un nuovo moloh ottuso e crudele: la finanza planetaria.
Periferia inferno, dunque, luogo di totale perdizione, dove alla frustrazione di una misera sopravvivenza può aggiungersi l'angosciosa scoperta di una realtà ancor più crudele e inaccettabile: non c'è posto per tutti, nel mondo!
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Da qui, nel Medioevo, iniziò il prezioso lavoro di bonifica delle paludi.
La preghiera, il pensiero, la volontà e il lavoro dei monaci lasciarono in eredità ai popoli di questa terra gli elementi fondanti di una civiltà che non conobbe che progresso.
Ed ecco che l'ottusità della pubblicità invasiva e l'enorme quantità di ferraglie, rottamate da una società materialista e ingombrante, hanno cancellato il ricordo degli uomini alla ricerca di se stessi e del loro Dio.
Il domani del 1984 (anno in cui Regianini dipinse questa tela) è già oggi.
Guarda, uomo, come è bello questo quadro! Con quale maestria sono stati dosati i colori, come tutto è in perfetto equilibrio. Non appare nemmeno l'angoscia del rappresentare il nulla. Il nulla è diventato azzurro come il cielo dei monaci, quello con gli angeli e i cori.
L'artista si è rivelato in tutta la sua poliedrica grandezza, speranza, denuncia, dolore, ironia, ma, soprattutto, l'incredibile capacità di pungolare sempre, con ogni mezzo, la “non coscienza” dell'uomo moderno, pur di fargli avvertire la nostalgia e l'eco profondo del sé.
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Anno 2016